Accorsi: «Con la mia fiction su Mani Pulite rivivo quel sogno»

Le delusioni arrivarono con la discesa in campo di Berlusconi e l'addio alla toga di Di Pietro Ma rimango ottimista. Avevo 21 anni e studiavo teatro a Bologna. Ero convinto che l'inchiesta avrebbe cambiato per sempre il sistema in Italia. Su Sky Atlantic «1992»: una stagione irripetibile



Chissà, forse una serie come una sorta di rito propiziatorio per far tornare a soffiare quel vento fresco che spazzò l'Italia. Perché Stefano Accorsi in quella rivoluzione di Mani Pulite ci credeva proprio tanto. «Stava succedendo qualcosa di importante che avrebbe potuto cambiare radicalmente le dinamiche politiche nel nostro Paese. Ed era impressionante vedere tutti quegli uomini di potere sopraffatti da quell'inchiesta». Finì tutto, la vela gonfia di rinnovamento si afflosciò e Stefano iniziò a scuotere la testa: «Non potevo crederci, stava svanendo un sogno. Di Pietro che gettò la toga, Berlusconi che scese in campo...». Momenti amari per quegli italiani che avevano sperato in una svolta nel modo di gestire il bene collettivo in Italia. Era il 1992 e il futuro protagonista di Radiofreccia aveva 21 anni. Sono passati alcuni lustri e qualche delusione da quella stagione e a Stefano Accorsi è venuta l'idea di realizzare una serie dall'inequivocabile titolo, 1992 , dieci episodi prodotti da Sky in collaborazione con La7 e realizzati da Wildside che andranno in onda su Sky Atlantic HD a partire dal 24 marzo. Non si tratta però della cronaca di Mani Pulite, anche se 1992 si apre proprio con la scena dei soldi delle tangenti buttati nel water da Mario Chiesa (l'allora presidente del Pio Albergo Trivulzio). E nel corso delle puntate spuntano pure i volti dei tre magistrati del pool (Piercamillo Davigo, Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo, interpretati da altrettanti attori), ma al centro del racconto ci sono sei persone comuni la cui vita si intreccia con il terremoto politico innescato dalla maxi-inchiesta. «Qualche anno fa mi sono reso conto che la nostra storia attuale è stata toccata raramente dal nostro cinema. Da qui è nata l'idea di raccontare quegli anni da un punto di vista diverso, che non fosse ideologico, che non fosse quello della sinistra». E questo non vuol dire che Stefano abbia avuto un ripensamento: «Ero e resto di sinistra. Non sono mai passato dall'altra parte e non avrei mai potuto votare Forza Italia». Proprio quel partito che, quando nacque, gettò nello sconforto l'attore di Özpetek: «Nel 1994 Berlusconi vinse le elezioni politiche, Di Pietro si dimise dalla magistratura, e lì mi convinsi che Mani Pulite era decisamente finita. Quella campagna elettorale poi mi sembrò assurda: era tutto finto, tutto recitato». Poi, dopo un paio di anni, arrivò Prodi a Palazzo Chigi e Stefano tirò un sospiro di sollievo: «Sentivi che lì c'era una persona con un vero progetto politico che voleva governare l?Italia, cosa che è mancata per anni ai dirigenti politici della sinistra». Nel 1992 Accorsi frequentava la scuola di teatro a Bologna e seguiva gli sviluppi delle indagini attraverso la televisione: «L'informazione in tv cominciò a cambiare. Qualcosa era già successo l'anno prima con Studio Aperto, il primo telegiornale dell'allora Fininvest. Non è che abbia mai avuto una passione per Fede o Brosio, però essendoci nuovi tg che davano tanto spazio a quel tipo di notizie, c'era la netta sensazione che qualcosa stesse succedendo a livello profondo. L'inchiesta fu molto seguita dalle reti Fininvest, poi abbiamo visto com'è andata a finire...». Al contrario non si sa come andrà a finire 1992, alla cui sceneggiatura e all'impianto hanno lavorato Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo che hanno affidato a Stefano Accorsi il ruolo di Leonardo Notte, «un uomo di marketing, un solitario dal passato oscuro, un disilluso ma che non si è mai trasformato in cinico». Come non lo è diventato Accorsi che, nonostante la pesante delusione per il tramonto dell'inchiesta su Tangentopoli, non hai smesso di pensare che mollare sarebbe il peggiore dei mali. «L'importante è continuare a credere in un futuro migliore. Sì, è vero, ogni tanto saltano fuori nuovi scandali, il Mose, l'Expo, Mafia Capitale... Però io dico: intanto i responsabili sono stati scoperti e sono finiti in galera». Sarà anche per questo incrollabile ottimismo che pure a teatro continua ad allestire spettacoli che in qualche modo hanno a che fare con la speranza. Nel Decamerone, vizi, virtù, passioni, ad esempio, che sta portando in giro con la regia di Marco Baliani, il suo personaggio Panfilo recita: «Giorno non passa che novello scandalo scalza lo precedente... E li cittadini onesti smarriscon così fede e orgoglio di civica appartenenza e vien loro meno, speranza e fiducioso attendimento nel domani. Vedete dunque che non siam qui giunti invano con le novelle nostre, bensì siam qui a risollevar lo vostro e nostro animo consunto da lo malanno in corso». Lo scriveva Boccaccio nel 1300, qualche secolo prima di 1992.


Elia Pasquale - Il Corriere della Sera

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