Miriam Leone: «Per amore di Miriam»
Miriam Leone è davanti a me con un vestito sottoveste e i tacchi. Quando è arrivata ancheggiando, le persone si sono appiattite contro le pareti del corridoio per farla passare e guardarla. Glielo faccio notare, lei ride e scuote i capelli rosso tiziano. Dice che si è vestita così per una conferenza stampa, e che di solito mette i jeans.
Siamo abituati a vederla sempre diversa, camaleontica. In 1992 era la sensualissima Veronica, molto spesso nuda in scena, scalatrice di letti per aggiudicarsi un lavoro in Tv. In Non uccidere la poliziotta dal misterioso passato, con le occhiaie e nemmeno un filo di trucco. Per entrambe le serie è in lavorazione il sequel.
Ma intanto, c’è il cinema. A tanti anni da Loren e Lollobrigida, Miriam è la prima ex Miss Italia (2008) a conquistarsi una parte in un film d’autore. Anzi, due: a novembre la vedremo nel cast di Fai bei sogni di Marco Bellocchio, tratto dal romanzo di Massimo Gramellini; e già dal 27 ottobre è la protagonista femminile di In guerra per amore, diretto e interpretato da Pif, una storia d’amore ai tempi della Seconda guerra mondiale. Nei panni di Flora, italoamericana nella New York del 1943, è – come si definisce lei stessa – «una caramella»: dolce, succosa, innocua.
Anche determinata, però: promessa sposa al figlio di un mafioso, convincerà il cameriere che ama in segreto (Pif, appunto) ad arruolarsi e partecipare allo sbarco in Sicilia, dove dovrà andare a chiedere la mano a suo padre. La guerra personale dei due innamorati si interseca con quella collettiva contro il nazismo, ma anche contro la mafia, che tornerà al potere in Sicilia dopo aver aiutato gli americani.
Un film ambizioso, con scene da kolossal come quella dello sbarco, ma dove l’ex Iena conserva intatto il suo tenero umorismo e sa far brillare la Leone, non solo per la sua incontestabile bellezza.
Una siciliana che interpreta una siciliana: che effetto fa?
«È un ritorno alle origini. Sono nata a Catania, cresciuta tra Aci Castello e Acireale. E poi Flora mi ricorda mia nonna Angela. Nel 1943 aveva 20 anni e si doveva sposare con Giovannino, ma alla festa di fidanzamento si innamorò del cugino di lui, cioè di quello che poi è diventato mio nonno Angelo. Come Flora, fa parte di quella generazione femminile che è riuscita a fare rivoluzioni senza bandiere né cortei di piazza ma tra le pareti domestiche, per fuggire da amori combinati, padri padroni, sistemi. Donne che ammiro e che ringrazio».
Ma come ha fatto sua nonna a sposare il cugino del fidanzato?
«In famiglia si tramandavano versioni edulcorate, vai a saperlo come andò realmente. Avranno fatto la classica fuitina. E non è stato certo l’ultimo scandalo in famiglia: mia madre si è messa con il suo professore di latino, che era vent’anni più vecchio di lei, e il risultato sono io. I miei nonni sono nati negli anni Dieci e Venti, mio padre negli anni Quaranta, mia madre nel 1964: diciamo che sono cresciuta con riferimenti generazionali variegati».
(...)
Come sono stati come genitori?
«Diversissimi. Quando sono nata mamma aveva 19 anni, una bambina. Solo da grande ho capito che non è normale avere una madre che gioca a vestire le bambole, balla e canta tutto il tempo con te: era spensierata, per niente ansiosa. Papà invece era il classico padre professore, che ti mette alla prova: mi regalava solo libri, per compiacerlo ho imparato a leggere a quattro anni. Non era protettivo: se gli chiedevo aiuto con le versioni di latino, che lui conosceva a memoria, mi passava il vocabolario: “Trovi tutto qui”. E se tornavo a casa in lacrime perché a scuola Denise, una bambina grande e grossa, mi menava tutti i giorni, mi diceva che dovevamo chiarirci tra noi. L’altro giorno al telefono mi fa: “Forse non ti ho viziato abbastanza”. Mi sono commossa, perché gli sono così grata per quello che mi ha insegnato: l’indipendenza. E poi a prepararmi la colazione era sempre lui».
(...)
Negli ultimi quattro anni è stata legata a Davide Dileo, il Boosta dei Subsonica. Una storia importante.
«La più lunga. Ma è finita da un anno, e oggi sono completamente da un’altra parte. Una nuova Miriam, perché ritrovarsi single a trent’anni è diverso che a venti: a rinascere è una donna».
(...)
Il servizio completo sul numero 42 di Vanity Fair in edicola da mercoledì 19 ottobre 2016.
Siamo abituati a vederla sempre diversa, camaleontica. In 1992 era la sensualissima Veronica, molto spesso nuda in scena, scalatrice di letti per aggiudicarsi un lavoro in Tv. In Non uccidere la poliziotta dal misterioso passato, con le occhiaie e nemmeno un filo di trucco. Per entrambe le serie è in lavorazione il sequel.
Ma intanto, c’è il cinema. A tanti anni da Loren e Lollobrigida, Miriam è la prima ex Miss Italia (2008) a conquistarsi una parte in un film d’autore. Anzi, due: a novembre la vedremo nel cast di Fai bei sogni di Marco Bellocchio, tratto dal romanzo di Massimo Gramellini; e già dal 27 ottobre è la protagonista femminile di In guerra per amore, diretto e interpretato da Pif, una storia d’amore ai tempi della Seconda guerra mondiale. Nei panni di Flora, italoamericana nella New York del 1943, è – come si definisce lei stessa – «una caramella»: dolce, succosa, innocua.
Anche determinata, però: promessa sposa al figlio di un mafioso, convincerà il cameriere che ama in segreto (Pif, appunto) ad arruolarsi e partecipare allo sbarco in Sicilia, dove dovrà andare a chiedere la mano a suo padre. La guerra personale dei due innamorati si interseca con quella collettiva contro il nazismo, ma anche contro la mafia, che tornerà al potere in Sicilia dopo aver aiutato gli americani.
Un film ambizioso, con scene da kolossal come quella dello sbarco, ma dove l’ex Iena conserva intatto il suo tenero umorismo e sa far brillare la Leone, non solo per la sua incontestabile bellezza.
Una siciliana che interpreta una siciliana: che effetto fa?
«È un ritorno alle origini. Sono nata a Catania, cresciuta tra Aci Castello e Acireale. E poi Flora mi ricorda mia nonna Angela. Nel 1943 aveva 20 anni e si doveva sposare con Giovannino, ma alla festa di fidanzamento si innamorò del cugino di lui, cioè di quello che poi è diventato mio nonno Angelo. Come Flora, fa parte di quella generazione femminile che è riuscita a fare rivoluzioni senza bandiere né cortei di piazza ma tra le pareti domestiche, per fuggire da amori combinati, padri padroni, sistemi. Donne che ammiro e che ringrazio».
Ma come ha fatto sua nonna a sposare il cugino del fidanzato?
«In famiglia si tramandavano versioni edulcorate, vai a saperlo come andò realmente. Avranno fatto la classica fuitina. E non è stato certo l’ultimo scandalo in famiglia: mia madre si è messa con il suo professore di latino, che era vent’anni più vecchio di lei, e il risultato sono io. I miei nonni sono nati negli anni Dieci e Venti, mio padre negli anni Quaranta, mia madre nel 1964: diciamo che sono cresciuta con riferimenti generazionali variegati».
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Come sono stati come genitori?
«Diversissimi. Quando sono nata mamma aveva 19 anni, una bambina. Solo da grande ho capito che non è normale avere una madre che gioca a vestire le bambole, balla e canta tutto il tempo con te: era spensierata, per niente ansiosa. Papà invece era il classico padre professore, che ti mette alla prova: mi regalava solo libri, per compiacerlo ho imparato a leggere a quattro anni. Non era protettivo: se gli chiedevo aiuto con le versioni di latino, che lui conosceva a memoria, mi passava il vocabolario: “Trovi tutto qui”. E se tornavo a casa in lacrime perché a scuola Denise, una bambina grande e grossa, mi menava tutti i giorni, mi diceva che dovevamo chiarirci tra noi. L’altro giorno al telefono mi fa: “Forse non ti ho viziato abbastanza”. Mi sono commossa, perché gli sono così grata per quello che mi ha insegnato: l’indipendenza. E poi a prepararmi la colazione era sempre lui».
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Negli ultimi quattro anni è stata legata a Davide Dileo, il Boosta dei Subsonica. Una storia importante.
«La più lunga. Ma è finita da un anno, e oggi sono completamente da un’altra parte. Una nuova Miriam, perché ritrovarsi single a trent’anni è diverso che a venti: a rinascere è una donna».
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Il servizio completo sul numero 42 di Vanity Fair in edicola da mercoledì 19 ottobre 2016.
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